DALL'11 AL 21 GENNAIO 2023

IL VESCOVO FRANCESCO

INCONTRERA' LA NOSTRA COMUNITA'

 

 

Lettera di apertura del Pellegrinaggio Pastorale

 

Care Sorelle e Fratelli,
si avvicina il tempo in cui il mio “pellegrinaggio pastorale” mi porterà ad incontrare la
vostra comunità. Perché un “pellegrinaggio”, invece che la tradizionale visita pastorale? Le
ragioni sono più di una. Non mi dispiace ripensare gli anni del mio servizio alla nostra
Diocesi, come un pellegrinaggio: per cinque volte ho incontrato le diverse realtà comunitarie
che davano forma ai Vicariati locali. Sono stati incontri importanti e generativi: proprio da
questi è scaturita la riforma che ha dato vita alle Fraternità presbiterali e alle Comunità
Ecclesiali Territoriali. La quasi totalità delle parrocchie è stata meta del mio pellegrinare:
celebrazioni, incontri, feste patronali, inaugurazioni, funerali di sacerdoti, istituzione di Unità
pastorali ... molte occasioni per una visita che, se inevitabilmente breve, non è stata
insignificante.

Ora, se il Signore mi dà salute, cominciano gli anni che porteranno alla conclusione
del mio servizio diocesano: non riesco ad immaginare una visita pastorale con le
caratteristiche di completezza che hanno caratterizzato quelle dei miei predecessori. Si tratta
di qualcosa di più semplice ed essenziale, condizionato dal tempo limitato che mi è concesso.
Inoltre, compiendosi nell’ultima parte di questo servizio, è prudente portare a sintesi alcuni
percorsi che abbiamo incominciato, senza condizionare eccessivamente il ministero di chi mi
succederà.

Questo pellegrinaggio avviene nel momento in cui siamo giunti a delineare tre “corsie”
di un unico percorso contrassegnato dall’esigenza pastorale di declinare e soprattutto
coniugare fede e vita, vangelo e cultura, chiesa e mondo. Le “tre corsie” sono: le Comunità
Ecclesiali Territoriali, le Fraternità Presbiterali e la Parrocchia fraterna, ospitale e prossima.

Come ogni pellegrinaggio, la meta non è un luogo, ma un incontro, lì dove si
manifestano e si possono riconoscere i segni del Regno di Dio e la presenza del Crocifisso
Risorto che ci precede. Il pellegrinaggio diventa immagine della vita e di ciò che rivela il suo
significato: l’incontro con il Signore, appunto, che diventa decisivo per la vita stessa.

Dove stiamo andando, chiede il poeta e risponde: “Stiamo tutti tornando a casa”. La
casa è l’immagine dell’incontro. Dove ci si incontra nell’amore, lì c’è la nostra casa. La
comunità cristiana, particolarmente nella forma della parrocchia, è la rappresentazione di
questa esperienza: un incontro che diventa casa.

La cura dell’incontro è quindi caratteristica di questa visita. Se la parrocchia si qualifica
come possibilità di incontro, allora la cura di questa esperienza e la cura delle relazioni che
ne scaturiscono è la “priorità” da perseguire insieme. Cura delle relazioni, diventa prendersi
cura gli uni degli altri. “Da questo vi riconosceranno ...”.

La visita del Vescovo in forma di pellegrinaggio è dunque caratterizzata
dall’esperienza dell’incontro: personale con i presbiteri, comunitario con gli organismi
pastorali, con la comunità eucaristica, con un’esperienza “segno” rappresentativa della
comunità parrocchiale.

L’orizzonte che caratterizza questo Pellegrinaggio pastorale è: “La parrocchia, fraterna,
ospitale e prossima e il ministero presbiterale”. In questi anni abbiamo sentito insistente
l’invito a dar nuova forma alla missione della parrocchia. Mi sono convinto che queste tre
dimensioni possono rappresentare lo stile missionario della parrocchia. Si tratta dunque di
individuare, far emergere, valorizzare i tratti del volto della parrocchia che esprimono queste
caratteristiche e di declinarli con il servizio che il presbitero svolge nella comunità.

In questi anni, abbiamo condiviso in maniera sempre più diffusa l’idea e l’immagine della
parrocchia come comunità fraterna riconoscibile, a partire dalla “cura delle relazioni”
perseguita non solo dal Parroco nei confronti dei fedeli, ma da parte di tutti coloro che
formano la Comunità.

L’esperienza che alimenta e rappresenta nel modo più intenso e significativo la fraternità
comunitaria è la celebrazione dell’Eucaristia. Insieme a questa, la condivisione della Parola e
della fede nella preghiera. Infine l’esercizio quotidiano della carità fraterna, che
frequentemente definisce l’appartenenza alla comunità anche di coloro che non partecipano
all’Eucaristia.

La fraternità, dunque, come espressione della comunione e dell’unità della Chiesa, nella
varietà di vocazioni, carismi e ministeri (ascolto, consolazione, prossimità ...liturgia,
catechesi, educazione ...)

D’altra parte, siamo altrettanto consapevoli che la Parrocchia non si riduce alla Comunità
di coloro che la costituiscono, non è una “fraternità esclusiva”, ma per caratterizzazione
evangelica, è aperta, accogliente, ospitale: è il luogo ordinario dell’‘inclusione’ nei confronti
di chi si affaccia in tempi brevi o in determinate circostanze nella comunità per poi scomparire
(nascita/battesimo dei figli, sacramenti dell’iniziazione cristiana dei figli, percorso di
preparazione al matrimonio, malattia e morte, passaggi della vita, impegno educativo, ascolto
e accompagnamento, accoglienza disagi diversi ...)

Un numero crescente di battezzati non frequenta abitualmente l’Eucaristia, la catechesi e le
attività della parrocchia e tanto meno se ne sente responsabile e protagonista; ma, grazie a
Dio, questi stessi battezzati si affacciano, con gli atteggiamenti, le attese e le esigenze più
diverse, a quella che riconoscono ancora come la loro parrocchia.

L’esercizio dell’ospitalità nei confronti di questi battezzati e delle loro attese non è semplice
e spesso è condizionato da “deformazioni” fastidiose che caratterizzano sia loro che coloro
che ne vengono interpellati: basti pensare alla mentalità per cui la Parrocchia viene ridotta ad
un’agenzia di servizi, da utilizzare gratuitamente, per poi lasciarla al suo destino e ad una
successiva richiesta.

Ma, come dicevo, si tratta di “deformazioni”: è la Comunità per prima che deve correggere le
sue. Le circostanze e le occasioni più diverse nelle quali un battezzato, ma anche un non
battezzato, bussa alla porta della Parrocchia, diventano occasioni per sperimentarne
l’ospitalità, capace di rappresentare quell’accoglienza evangelica che non teme di essere
sfruttata o semplicemente usata.

Le diverse forme di aggregazione che la parrocchia propone vanno in questa direzione, ma
non possono essere lasciate solo alla logica aggregativa, che si misura con i numeri, gli
incassi, le risposte a bisogni sociali, il successo dell’iniziativa. Sono le convinzioni che
appartengono alla Comunità fraterna a connotarne anche l’esercizio dell’ospitalità.

D’altra parte, se la Comunità parrocchiale deve poter essere riconosciuta per la “cura delle
relazioni” di chi la forma, deve anche poter offrire un’ospitalità caratteristica, rispetto a quella
di qualsiasi altra attività commerciale o di servizio pubblico, che pur persegue, anche
professionalmente, uno stile di accoglienza.

Certamente tra le dimensioni che più rappresentano l’ospitalità della Comunità parrocchiale
vi sono: l’accompagnamento dei passaggi significativi della vita, l’impegno educativo,
l’ascolto e l’accompagnamento spirituale, il volontariato solidale e l’accoglienza dei poveri.

La terza dimensione è rappresentata dalla prossimità. La Comunità parrocchiale non
attende soltanto chi bussa, per esercitare l’ospitalità, ma esce dalle esperienze che la
caratterizzano per cercare, incontrare, aiutare e servire, facendosi prossima a chi è lontano,
solo, abbandonato, fragile, povero, piccolo, insignificante, invisibile e indifferente. Un
esercizio che è auspicabile possa essere condiviso anche con altre realtà e persone, che non si
riconoscono nella comunità cristiana, sia in termini personali come in quelli istituzionali e
associativi.

Il servizio del presbitero è fortemente coniugato con la vita della comunità, particolarmente
nella sua forma di parrocchia: non è l’unica forma del suo ministero, ma certamente quella
che viene attesa e riconosciuta da tutto il popolo di Dio, anche dai più indifferenti. In questo
senso, un’attenzione particolare di questo pellegrinaggio sarà rivolta all’incontro personale
con ogni presbitero, lì dove sta compiendo la sua opera. Sempre per questa ragione, il Vescovo
parteciperà agli incontri che la Fraternità presbiterale terrà nel periodo del Pellegrinaggio
Pastorale alle Parrocchie della Fraternità stessa.

Suggerisco di immaginarne quattro con queste caratteristiche: un’esperienza di preghiera,
silenzio e meditazione; un incontro formativo su un tema pastorale individuato dalla fraternità
stessa; un incontro in cui emergono le dinamiche relative alle collaborazioni interparrocchiali
e alle iniziative conseguenti; un incontro in forma di visita/pellegrinaggio che contribuisca ad
alimentare le relazioni fraterne.

Alla luce di queste intenzioni, vi consegno una semplice scheda, sulla base della quale
predisporre la relazione che presenterete al Vescovo, in occasione dell’incontro con gli
Organismi pastorali.

Mi permetto una raccomandazione: alla luce dell’essenzialità della visita, è necessario
perseguire lo stesso criterio nel rappresentare attese, esigenze e proposte e
nell’organizzazione della visita stessa. E’ assai opportuno che nell’individuazione delle
risposte, si abbia presente il Libro del 37^Sinodo diocesano e le Lettere pastorali di questi
anni.

Le caratteristiche che la parrocchia missionaria rappresenta sono: la fraternità, l’ospitalità, la
prossimità.

- Quali sono i criteri e le pratiche che attuano queste caratteristiche: quali le difficoltà e
quali le possibilità.

- Quali sono le priorità e le caratteristiche del servizio del presbitero per una parrocchia
con queste caratteristiche.

- Quali collaborazioni con altre parrocchie della Fraternità riteniamo utili in questa
prospettiva.

- Quali collaborazioni con la Comunità Ecclesiale Territoriale, le istituzioni e le
associazioni e in quali ambiti.

- Quali collaborazioni e ministeri sono necessari per perseguire queste caratteristiche
Per fare sintesi:
- Quali i punti di forza della parrocchia
- Quale i punti deboli
- Quale specifico della nostra parrocchia
- Quali priorità del ministero del prete

Care sorelle e fratelli,
attendo con desiderio il giorno dell’incontro con la vostra comunità, che, come ho già
ricordato, si articolerà in quattro momenti: l’incontro personale con i presbiteri, l’incontro con
gli organismi parrocchiali, l’incontro con un’iniziativa della parrocchia, la celebrazione
comunitaria dell’Eucaristia. Non potrò estendere il mio pellegrinaggio, contenuto nel tempo,
ad altri desiderabili incontri.

Sono consapevole che la prudenza necessaria per contenere la diffusione del contagio,
condizionerà la forma dei nostri incontri, ma anche che ne esalterà il significato e lo spirito
con cui li vivremo.

Proprio a partire dalla indimenticabile e dolorosa esperienza della violenza della
pandemia, mi sono riproposto di aggiungere ai quattro momenti indicati, uno spazio per la
preghiera del rosario. In quei giorni ho parlato di un “santuario di preghiera”, costruito non
con le pietre, ma con l’infinità di preghiere di tanti. La costruzione di questo santuario non si
conclude mai. Proprio per questo desidero pregare con voi il santo rosario.

Già da ora, prepariamo il nostro incontro con la preghiera: sono certo che potremo
raccoglierne così i frutti migliori.

Nell’attesa vi abbraccio e benedico.

 

+Francesco, vescovo